Day 1
Dopo due ore di volo da Alghero a Londra e quasi sei in pullman, rigorosamente nella corsia di sinistra – quella “sbagliata”, come diciamo noi -, finalmente Plymouth si apre alla nostra vista, con quelle che saranno le nostre famiglie per cinque settimane ad accoglierci a braccia aperte. Se fossimo meno stanchi, probabilmente apprezzeremmo di più l’adorabile paesaggio all’inglese che la città ha da offrirci, ma ci si chiudono gli occhi e domani abbiamo una giornata impegnativa…
Day 2
Le nostre famiglie ci accompagnano nel college a cui siamo affiancati per questa esperienza, e lì ci vengono date le informazioni utili al nostro lavoro. Poi, per la gioia di tutti, veniamo portati in giro per la città da uno dei professori del college, in un vorticoso tour per il centro storico di Plymouth, tra porti centenari, schermi giganti nel bel mezzo delle piazze e l’attrazione principale della città: il faro, risalente alla metà del 1700. Vediamo anche la statua dedicata a Sir Francis William Drake, originario del Devon e fidato aiutante della regina Elisabetta I. Sicuramente la parte più divertente è stata posare come i Beatles, nello stesso luogo in cui era stata scattata una loro foto mentre erano in visita a Plymouth. Ma ora siamo tesi e nervosi per il primo giorno di lavoro…
Day 3
Finalmente il primo giorno di lavoro! Gli inglesi sono persone puntuali, attente alle regole e ci danno orari precisi, con la pausa pranzo come ora libera. Sono estremamente gentili e non molto restrittivi, ma dobbiamo rispettare le poche indicazioni che ci danno. Per quanto stanchi siamo assolutamente entusiasti del nostro lavoro. Tutti insieme decidiamo di fare il nostro primo giro autonomamente per la città e scopriamo che i locali chiudono molto presto, ma che i posti più gettonati sono i pub, dove c’è musica e la gente si riunisce per divertirsi. Credo che in Italia la cosa più vicina sia il “bar” ma trovo che i pub inglesi siano molto più interessanti. Continuiamo a guardarci in giro notando la diversità dello stile delle case, così tipiche da sembrare quelle di un film americano, con tanto di vie costellate di alberi; non vediamo l’ora che arrivi il weekend.
Day 4
Finalmente sabato! Non avendo in programma nessuna escursione decidiamo di dividerci in due gruppi: alcuni vanno a fare un picnic al faro (con tanto di ustioni date dai 25°), mentre altri vanno alla Saltram House, poco distante dalla città. Dopo la cena alle 18:30, orario a cui non siamo abituati (fra le altre cose), decidiamo di uscire per le vie della città, dove incontriamo tre ragazze campane, sul posto per un’esperienza di lavoro, che ci raccontano un po’ della vita qui. Purtroppo domani ci aspetta una giornata pienissima e dobbiamo andare a dormire presto…
Day 5
“Appuntamento al grande schermo” alle 9:30, destinazione Exeter, cittadina a un’ora di distanza da Plymouth. Dopo aver visto la cattedrale della città, monumento principale, ci dividiamo nuovamente in due gruppi per il pranzo: alcuni si siedono nei parchi vicino alla cattedrale a mangiare comodamente, nonostante le disavventure con i gabbiani, altri vanno in un pub a guardare la partita dell’Inghilterra insieme agli esuberanti – per usare un eufemismo – tifosi inglesi. Dopo un’ora passata a fare del sano shopping, riprendiamo il treno. Troppo stanchi per uscire, ci prepariamo a tornare al lavoro.
Qui Plymouth
Sveglia 8:45.
Sono stata fortunata. Niente bus per andare a lavoro. Solo dieci minuti di camminata per raggiungere un piccolo teatro nel bel mezzo di un parco.
Oltre al lato artistico che caratterizza il mio tirocinio (dipingere fondali per il palcoscenico, decorare le pareti, ecc.), stare a contatto con i bambini che imparano che cos’è il teatro porta sempre il buonumore.
Report di Ginevra Cubeddu
Ogni mattina
Ogni mattina, dal lunedì al venerdì, la sveglia suona alle 7:30.
Prendo il bus alle 8:13 e vado alla warehouse, dove io e Francesca Fancellu incontriamo Audrey, una simpatica vecchietta dall’inglese comprensibilissimo che supervisiona il nostro tirocinio che inizia alle 9:00. Armate di carta e penna, io e Francesca iniziamo a catalogare libri per genere negli scaffali, trascrivendo il numero del libro con cui è registrato sul computer, l’autore e il titolo.
Verso le 11:00 arriviamo in taxi con Audrey alla Book Cupboard nel Barbican; lì ad aspettarci troviamo Andy, che ogni mattina ci manda al THE BARBICAN PASTY Co per prendere il caffellatte per lui, il cappuccino per Audrey e il tè per me e Francesca. Capire ciò che dice Andy per noi è una sfida, dato che è scozzese e a differenza di Audrey non si capisce bene, ma tra uno scaffale e l’altro riusciamo anche a conversare e scherzare con lui.
Ci ha insegnato a impacchettare i libri e spedirli dal post office lì vicino, a servire i clienti e ormai siamo diventate esperte ricercatrici di libri “perduti”.
Alle 13:00 Andy ci congeda e ci dice di goderci il pomeriggio e noi andiamo a prendere la Cornish Pasty nello stesso posto dove la mattina prendiamo le bibite calde per tutti; ormai anche i titolari del locale ci conoscono e ci salutano calorosamente.
Report di Gaia Lutzoni
7:00 AM
7:00 AM, sveglia impostata per 5 giorni alla settimana, doccia veloce, qualcosa per colazione e via sul bus. Tutti i propositi di fare un sonnellino nel tragitto casa-lavoro svaniscono quando mi ricordo che nessuno, facendo il viaggio da solo, mi sveglierebbe. Ma va bene ugualmente.
9:30 AM, si entra nel luogo di lavoro, dove è richiesta la massima puntualità, e ci si dirige a un bancone dove apporre la propria firma e poi sul retro a deporre gli zaini negli armadietti; ed è qui che inizia la vera e propria giornata lavorativa.
Mi dirigo dal mio responsabile per sapere cosa dovrò fare in giornata e con mia sorpresa ha sempre qualcosa di nuovo da assegnarmi, che ovviamente mi terrà impegnato per tutto il giorno: stare ai camerini, riordinare i capi per ordine di taglia, di marca, di colore, assicurarsi che ogni capo abbia la gruccia e il cubetto con la taglia adeguati… Queste sono solo alcune delle cose in cui consiste il mio tirocinio, durante il quale ho ovviamente modo di esercitare la lingua e imparare moltissimi termini ed espressioni che solo stando sul campo si possono imparare. Ho avuto modo di fare amicizia con moltissimi ragazzi inglesi che erano lì per il mio stesso motivo, instaurando così una complicità tale che non importava quanto poco tempo fosse passato, ma eravamo subito amici.
Ovviamente, per ogni lavoro che si rispetti ci sono alti e bassi. Non mi posso certamente lamentare per il posto di lavoro, ma altrettanto non si può dire per alcuni colleghi, che, a volte dimenticandosi che sono italiano, parlavano in modo davvero incomprensibile, rimanendo scocciati qualora io chiedessi di ripetere e che rispondevano in modo palesemente sgarbato, nonostante io avessi sempre il sorriso sul volto; inoltre cercavano in tutti i modi di evitare una conversazione se io facevo una domanda.
Con questo non voglio far di tutta l’erba un fascio e voglio sottolineare che moltissimi altri colleghi si sono mostrati molto ben disposti a prestare aiuto a un ragazzo che si trova a più di 1000 km da casa, in una situazione completamente nuova, e sono stati più che felici di far parte anche loro di questa esperienza. Ho avuto modo di conoscere meglio un collega di 20 anni e una collega di 18, scoprendo di avere moltissime cose in comune con loro, dai gusti musicali alla passione per la storia inglese.
Certamente sarò felice di ritornare a casa, fra 8 giorni, ma pensandoci e ripensandoci dico: “Mmmh…, che poi alla fine qui non si sta così tanto male”.
Report di Gabriele Cannas
La mia giornata
La mia giornata inizia alle 7:10, quando suona la sveglia in una tipica casa inglese di Springhill road. Dopo essermi preparata di corsa e aver fatto colazione con Franciska, l’exchange student proveniente dalla Germania e arrivata qui l’8 luglio, esco di casa per recarmi alla fermata del bus con Marta e Ylenia, che vivono nella strada a fianco alla mia e che fanno parte del gruppo dei venti ragazzi partiti per Plymouth dal Liceo Azuni. Ci ritroviamo con gli altri al big screen e io e Gabriele, dopo aver salutato gli altri, ci rechiamo a lavoro, ovvero in un centro commerciale di New George street, Debenhams.
È un bel posto ed è stato molto interessante sin dal primo giorno scoprire cosa si cela dietro il solito centro commerciale che tutti conoscono.
È stato come vedere il “dietro le quinte”: le numerose sale nella zona riservata al personale, la sala della mensa, le stanze riservate alle telecamere, i magazzini, ecc.
Io lavoro nel reparto donna, al primo piano.
Le mansioni da svolgere poi sono più o meno sempre le stesse: ritirare i vestiti dal camerino e rimetterli al giusto posto, riordinare sezioni del negozio, in base alla taglia dei vestiti o alla gradazione del colore, verificare la merce in sconto, stampare barcode da applicare quando vi sono nuovi sconti e così via.
La pausa pranzo inizia alle 12:00 e finisce alle 13:00 e a quel punto si prosegue a lavorare fino alle 16:00 quando, un po’ stanca, ritorno a casa con il bus.
Report di Valentina Canu
Willow Childcare Centre
Dopo quattro settimane passate al Willow Childcare Centre posso ritenermi assolutamente soddisfatta del mio percorso lavorativo qui a Plymouth. Ogni giorno i bambini mi regalano milioni di sorrisi, mi coinvolgono nei loro giochi fantasiosi e mi insegnano parole nuove. Inizialmente è stato difficile riuscire a capire il loro inglese un po’ pasticciato, specialmente con i bambini più piccoli che confondono alcune lettere e non riescono a pronunciarne altre.
Poi, col passare dei giorni, è diventato sempre più semplice parlarci.
Il mio turno inizia alle 9:00 e finisce alle 16:00, e ho una pausa di mezz’ora per mangiare.
Le mie mansioni si limitano a giocare con i bambini, aiutarli quando cadono o hanno un problema e stare attenta che nessuno di loro faccia qualcosa di pericoloso; sembreranno banalità, ma badare a così tanti bambini contemporaneamente è molto più difficile e stancante di quanto credessi.
Però, nonostante torni a casa piena di sabbia dalla testa ai piedi ed esausta, sono felice di aver riscoperto un mondo di cui mi ero dimenticata e di aver conosciuto persone splendide e gentili che hanno fatto di tutto per mettermi a mio agio e farmi sentire a casa.
Report di Giulia Poli
14/07/2018
Sveglia alle 8:00 e come ogni sabato ci ritroviamo tutti al big screen alle 8:45, questa volta con destinazione Torquay. Dopo circa un’ora di treno, usciti dalla stazione ci siamo ritrovati davanti un panorama fantastico. La prima cosa che si nota è una grande e splendida spiaggia con dietro un’immensa ruota panoramica che ricorda un po’ Londra.
Passati davanti al Grand Hotel, da dove parte un percorso culturale tra i luoghi cari alla scrittrice Agata Christie (nativa proprio di Torquay), il gruppo si divide e una parte effettua una visita alle caverne preistoriche. Alle 12:30, dopo mille giri e salite, arriviamo finalmente alle caverne dove ad attenderci nel parcheggio c’è una meravigliosa auto d’epoca, simile a quelle che si vedono nei film.
Ne approfittiamo per farci qualche foto e poi via in caverna, dove, appena entrati, si ha la sensazione di essere trasportati indietro di milioni di anni. Accompagnati da una guida turistica simpatica e carina ci siamo avventurati alla scoperta di meravigliosi cunicoli e stanze. Michela, approfittando di una bellissima rientranza della grotta, ci ha regalato un passo di danza.
Finito il tour delle caverne, si torna in città per incontrare gli altri e approfittarne per fare un giro sulla ruota panoramica.
Alcune foto e poi si ritorna a casa, stanchi ma felici.
Report di Francesca Fancellu
Un saluto a tutti
Questa foto esprime la soddisfazione del gruppo Oikos Erasmus+ di Plymouth per l’esperienza che si sta per concludere. Siamo vicino a Royal Parade, dove di solito ci diamo appuntamento, dopo la compilazione del secondo monitoraggio previsto.
Report della professoressa Martina Dettori
28 luglio 2018
Dopo quattro lunghi giorni a casa, la testa e il cuore continuano a restare a Plymouth.
Il pensiero che sia stata solo una piccola parentesi del nostro percorso spaventa, perché la nostra routine là non esisteva più e potevamo ricrearci ed essere ciò che volevamo. Senza che neppure lo notassimo, dopo qualche giorno di adattamento quella piccola città sul mare era diventata la nostra città. E là, anche se può sembrare assurdo, siamo cambiati e cresciuti, abbiamo riscoperto qualcosa di noi e scoperto i nostri compagni di viaggio, abbiamo avuto coraggio e maturità quando è servito, ma soprattutto abbiamo riso e sorriso per la maggior parte del viaggio per il semplice fatto che in fondo eravamo liberi e senza limiti.
Inizialmente pensavamo che il limite fosse rappresentato dal lavoro, ma dopo poco ci siamo resi conto di che arricchimento fosse dal punto di vista umano e personale, chi più e chi meno.
Che dire quindi?
Semplicemente grazie a quella piccola città di mare che ci ha accolto, grazie a questo gruppo che è nato da niente e che pure, dopo solo quattro giorni che non si vede, sente nostalgia.
Nostalgia di cosa?
Nostalgia delle notti al faro a raccontarsi, nostalgia delle abbuffate al MC alle 11 di notte, nostalgia delle prese in giro, nostalgia dei giochi stupidi a Royal Parade, nostalgia delle nostre voci che cantano a squarciagola in quella città che ormai era nostra.
Non vogliamo essere ipocriti e dire che tutto è stato perfetto, perché non è cosi: è stato difficile mettersi alla prova e vincere le nostre paure, ma nessuno, davvero nessuno, non avrebbe voluto restare un poco di più.
L’augurio più vero che facciamo a noi stessi è di mettere tutta questa esperienza nel bagaglio personale, di custodirla come un momento raro e prezioso. L’augurio più vero che facciamo a chi verrà dopo di noi è di lasciarsi andare, di buttarsi, perché solo così si torna a casa dopo 35 giorni rendendosi conto di aver lasciato qualcosa di sé in una città inglese e fra le persone là conosciute.